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Quindicidiciotto - Mario Perrotta
Quindicidiciotto - Mario Perrotta

Durata: 60 min

Lingua: Italiano

Regia: Mario Perrotta

Ho scelto questo titolo, Milite Ignoto, perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi, anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso, il milite divenne, appunto, ignoto. E per ignoto ho voluto intendere “dimenticato”: dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce. Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa ignoto, perché non ci sono più campi di battaglia per i “corpo a corpo”, dove guardare negli occhi chi sta per colpirti a morte, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime, senza un volto da maledire prima dell’ultimo respiro. E nuvole di gas che coprono ettari di terreno e radono al suolo interi battaglioni senza un lamento. E aerei che scaricano tonnellate di esplosivo dal cielo e navi che sparano cannonate a centinaia di metri di distanza. Uno sparare nel mucchio insomma, un conflitto spersonalizzato in cui gli esseri umani coinvolti, sono semplici ingranaggi del meccanismo e non più protagonisti eroici della vittoria o della sconfitta. E proprio per questo – come sempre accade nel mio lavoro – andrò controcorrente e la mia attenzione sarà diretta alle piccole storie, agli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto e descritto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione, perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia.

60 min

Lingua: Italiano

Regia: Mario Perrotta

Ho scelto questo titolo, Milite Ignoto, perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi, anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso, il milite divenne, appunto, ignoto. E per ignoto ho voluto intendere “dimenticato”: dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce. Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa ignoto, perché non ci sono più campi di battaglia per i “corpo a corpo”, dove guardare negli occhi chi sta per colpirti a morte, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime, senza un volto da maledire prima dell’ultimo respiro. E nuvole di gas che coprono ettari di terreno e radono al suolo interi battaglioni senza un lamento. E aerei che scaricano tonnellate di esplosivo dal cielo e navi che sparano cannonate a centinaia di metri di distanza. Uno sparare nel mucchio insomma, un conflitto spersonalizzato in cui gli esseri umani coinvolti, sono semplici ingranaggi del meccanismo e non più protagonisti eroici della vittoria o della sconfitta. E proprio per questo – come sempre accade nel mio lavoro – andrò controcorrente e la mia attenzione sarà diretta alle piccole storie, agli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto e descritto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione, perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia.
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